Comportamento e Psicologia
Come posso capire se un cane o un gatto sta soffrendo?
Qual'è il livello di sopportazione della sofferenza di un cane e di un gatto? Qual'è il loro modo di manifestarla?
Dottor Alberto Franchi
Ultimo aggiornamento: 11 Novembre 2018 | 3 minuti di lettura
Non è facile, naturalmente, quantificare la soglia del dolore negli animali.
Nemmeno noi umani abbiamo una uguale sopportazione del dolore: essa varia in relazione al singolo, all’ambiente, alle motivazioni, allo stile di vita e ad infiniti altri fattori che tutti noi possiamo personalmente valutare.
È inoltre variata notevolmente nel corso della storia evolutiva dell’uomo e nella storia delle società, così come per la disponibilità di nuove terapie contro il dolore.
Ma torniamo al cane ed al gatto, che sono il mio campo di interesse.
Certamente osservando nella pratica clinica cani e gatti feriti nel corso di lotte, ci si domanda come facciano a continuare a combattere pur con tutti i morsi e graffi riportati, pur con ferite tanto profonde.
O come facciano cani e gatti a trascinarsi fino a casa od al riparo ai lati della strada dopo aver subito investimenti d’auto fortemente invalidanti.
Più difficile, ovviamente, è stabilire il livello di sopportazione nel corso di patologie interne.
Può essere utile il dato che un animale cessa di alimentarsi come primo sintomo di malessere, proprio come l’uomo.
La manifestazione del dolore si differenzia però notevolmente dal cane al gatto.
È facile comprendere ciò analizzando il diverso stile di vita dei due animali.
Il cane ed i suoi più vicini cugini selvatici sono animali strettamente sociali: conducono la maggior parte della loro vita in mute, branchi, gruppi. La caccia, la difesa della prole, la spartizione della preda sono importanti operazioni che svolgono comunitariamente, con l’aiuto dei conspecifici.
La ritualizzazione del consumo del pasto sociale nel lupo è ben conosciuta da tutti i proprietari di cani.
Il gatto è, al contrario, un animale socievole ma non sociale: le analoghe attività sono svolte singolarmente.
Un gatto che caccia un topino o un passero, non potrebbe sopravvivere a lungo se lo condividesse con i conspecifici che ne avessero condiviso la cattura!
Il gatto caccia da solo e si ciba delle piccole sue prede da solo.
A parte i brevi rituali dell’accoppiamento e le superficiali relazioni che si stabiliscono nelle colonie cittadine, lo stile di vita di un gatto è quello di un animale solitario.
In modo analogo la sofferenza e l’invalidità portano i due animali a comportamenti opposti.
Il cane chiede l’ausilio dei simili o dell’uomo manifestando fastidio o dolore per qualsivoglia incidente o malessere interno.
Il cane giunge addirittura a fingere un’invalidità pur di attirare l’attenzione.
Il gatto, invece, non segnala la sua infermità: si ritira guardingo in un angolo remoto del giardino o della casa, astenendosi dal consumare pasti e dal relazionarsi con il proprietario anche per giorni. Talvolta fino alla morte.
Non è raro infatti che proprietari rinvengano l’animale morto nascosto nella legnaia, sotto un divano, sotto un cespuglio dopo averlo perso di vista per alcuni giorni.
È opportuno, quindi, tenere sotto osservazione i nostri amici: ad un proprietario accorto difficilmente sfuggono le variazioni comportamentali del suo piccolo amico.
Rivolgersi tempestivamente al medico veterinario è una ovvia e necessaria buona pratica nella gestione di un animale.
Dottor Alberto Franchi medico veterinario a Verona
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